CURIOSITÀ 2022

Nel Cinquecento come nel Medioevo c’è una netta distinzione fra cibi “di grasso”, con carne, e cibi “di magro”, senza carne. La distinzione è legata al calendario liturgico: i giorni di magro sono il mercoledì e il venerdì, talvolta il sabato e la vigilia delle feste principali, oltre al periodo di Quaresima. Tutti gli altri sono di grasso. Oggi questa distinzione non esiste più, ma in ogni caso, qualunque scelta si faccia, per corrispondere allo spirito dell’epoca non si devono inserire carne e pesce all’interno dello stesso pasto.

Fra le carni, si prediligono soprattutto quelle di volatili, domestici e selvatici: capponi, pollastre, gallinacei, selvaggina da penna. Anche gru e pavoni, all’epoca. Compare anche il tacchino, “nuovo venuto” dall’America, che spesso prende il posto del pavone o dell’oca, ed è chiamato “gallo d’India”. La passione medievale per la selvaggina grossa (cinghiale, cervo, ecc.) adesso ha lasciato posto a questi sapori più “delicati”. Fra i quadrupedi, nella cucina di corte italiana si cominciano a stimare il manzo e il vitello, più che il tradizionale maiale.

La cucina rinascimentale, non solo popolare ma anche di corte, ha una grande attenzione alle “frattaglie” e utilizza tutte le parti degli animali, carni o pesci che siano. Fra i pesci compaiono non solo prodotti del mare ma anche, abbondantemente, di acqua dolce: lamprede, salmoni, storioni.

Nella cucina signorile si fa ampio uso di spezie, simbolo di prestigio sociale: in particolare cannella, chiodi di garofano, noce moscata, zenzero, zafferano, pepe.

Alle spezie si aggiunge lo zucchero, percepito come una sorta di spezia dolce. Il Cinquecento è il secolo d’oro dello zucchero, che entra nella composizione di tutti i piatti. Ci sono poi le gelatine di frutta, i confetti ricoperti di zucchero, le composte e confetture… Le vivande (soprattutto la carne ma non solo) sono sempre accompagnate da una salsa, ma non si tratta di salse grasse come quelle moderne a base di burro o di olio e non impiegano farina come addensante. Sono salse magre, di gusto acido e speziato, a base di succhi di frutta acida e di erbe aromatiche. Per ispessire, niente farina, ma mollica di pane. Si fa grande attenzione al colore delle salse, che proprio dal colore spesso prendono nome.

Al gusto speziato e acido delle salse si affianca una forte predilezione per il gusto agro-dolce. Per ottenere l’agro si usano limone, arance amare, aceto e l’“agresto”, che è un succo di uva acerba. Per il dolce, ovviamente, lo zucchero.

Per quanto riguarda i vini, si delinea fin da allora la tendenza ad aumentare l’intensità col procedere del pasto: dai più leggeri ai più corposi. Per chiudere, si usa di solito un vino speziato, spesso detto “ippocrasso”.

La forma dei tavoli normalmente è allungata, rettangolare nell’uso prevalente in Italia e in Francia. Spesso è aperta su un lato per consentire ai convitati di assistere agli spettacoli di teatro, musica e danza che si svolgono nella sala da pranzo. Non mancano però tavoli quadrati o rotondi come nell’uso tedesco che favoriscono la conversazione e la convivialità.

Massimo Montanari

NOTA: per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento o a trovare indicazione di singole ricette rinascimentali e il modo di metterle in pratica oggi, il testo più indicato e attendibile è A tavola nel Rinascimento (Laterza, 1996) di Françoise Sabban e Silvano Serventi