BIO | BARBERO Alessandro

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Storico e scrittore, è professore ordinario di Storia Medievale presso l’Università del Piemonte Orientale, ha scritto per l’inserto Domenica del quotidiano Il Sole 24 Ore e collabora alle pagine culturali de La Stampa e di Tuttolibri, e ai programmi televisivi Superquarka.C.d.C. e Passato e presente. Tra le sue pubblicazioni: Lepanto. La battaglia dei tre imperi (Laterza, 2010); Gli occhi di Venezia (Mondadori, 2011); Il divano di Istanbul (Sellerio, 2011); Dietro le quinte della Storia. La vita quotidiana attraverso il tempo, con P. Angela (Rizzoli, 2012); Le Ateniesi (Mondadori, 2015); Costantino il vincitore (Salerno Editrice, 2016); Le parole del papa. Da Gregorio VII a Francesco (Laterza, 2016); Caporetto (Laterza, 2017).


A Cucina d’epoca 2019 il suo intervento è stato:

domenica 22 settembre > ore 12.00 > Palazzo Ducale, Sala del Maggior Consiglio
A che ora si mangia?
Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento le classi agiate europee hanno modificato l’orario dei pasti, spostando il pranzo da mezzogiorno a metà pomeriggio, in orari che a noi sembrano molto strani: all’epoca in cui scriveva i Promessi Sposi, per esempio, Manzoni pranzava alle 17. “Pranzar tardi” è diventato uno status-symbol, col risultato che l’orario del pranzo si è spostato sempre più avanti, fino a raggiungere le 20 o le 21. Le conseguenze linguistiche si avvertono ancora oggi, come la nascita del breakfast inglese, per “rompere il digiuno” troppo prolungato in attesa del pranzo; oppure, in Italia, lo snobismo di chiamare, in certi ambienti, “colazione” quello che per la stragrande maggioranza degli italiani è tuttora il “pranzo” di mezzogiorno.

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